Sabato 25 novembre il nostro istituto ha avuto il piacere di ospitare il professor Giorgio Cavalli, autore del libro Alla maniera dei briganti. La Grande Guerra del capitano Ettore Cavalli. Nelle due ore dell’incontro – che ha visto coinvolte le classi 3R, 5M, 5R e 5U – abbiamo avuto modo di scoprire un lato inedito della Grande Guerra, a partire dalla lettura, accompagnata dal violino di Federica Garieri, di alcune pagine del testo che l’autore non ha esitato ad assegnare a ragazzi e ragazze delle classi che hanno dato voce alla versione riadattata dei diari di guerra di Ettore Cavalli, nonno dell’autore, tenente – promosso poi a capitano – che ha vissuto la guerra in prima linea sul fronte di Asiago e del Carso.
È emerso il divario tra gli ideali irredentisti dei giovani volontari del 1915 rispetto alla desolazione della guerra di trincea; tematiche come la rigida gerarchia militare, la massificazione del soldato semplice, ma anche il fermento della Parma d’inizio Ventesimo secolo, sull’onda della Settimana rossa e dei discorsi di Cesare Battisti e Alceste De Ambris.
Giorgio Cavalli è riuscito inoltre a collegare passato e presente parlando di un vuoto di valori che oggi interessa la nostra società e che confina con il Nichilismo, tutto all’opposto dell’orizzonte assiologico dei nostri antenati. Nell’articolo “Intorno a un diario di guerra” (pubblicato su LineaTempo) scrive: «La storia non è e non può essere ridotta a mere rassegne di grandi numeri, di strategie e di grande politica: certamente è anche tutto questo, ma essa si nutre anche e soprattutto delle speranze e dei tentativi sempre imperfetti e incompiuti dei popoli e delle persone che, pur incorrendo talvolta in gigantesche illusioni e tradimenti, cercano incessantemente nelle grandi vicende collettive le risposte a un bisogno profondo di senso e di appartenenza personale e sociale, al bisogno di un compito per un bene più grande». La guerra, aggiunge, nasce quando al conflitto manca il dialogo, quando il nemico è raffigurato senza volto o in modo disumanizzante, quando perde la sua dignità.
D’altra parte – osserva Cavalli – si diventa costruttori di pace mentre si è in guerra, si coltiva la pace dentro il conflitto, piangendo non solo sui propri morti ma anche su quelli del nemico, come hanno fatto Mandela e Gandhi, i cui ritratti campeggiano sui muri interni della nostra scuola. Solo l’immedesimazione con l’altro, qualsiasi “altro”, con il suo volto preciso, con la sua sfumatura di umanità può mettere fine alla violenza, osservava il relatore riferendosi anche ai tragici recenti fatti di cronaca. E questa restituzione dell’alterità, della singolarità di ogni storia, è ciò che ci accade leggendo biografie come quella presentata, frutto di anni di ricerche, di revisioni, di adattamenti per avvicinarsi più possibile alla verità.
Bisogna ricordare le cause delle svolte della storia, le motivazioni di una guerra che ha cambiato il mondo in modo irreversibile. La storia tuttavia diventa tradizione nel momento in cui diverse generazioni riflettono su quanto successo e non dimenticano il passato nella consapevolezza che la storia è il tramandarsi giorno dopo giorno del desiderio dei giovani in quanto giovani, dell’anelito alla giustizia dei popoli, della ricerca inesausta di un bene. Questo è uno dei messaggi che la biografia del capitano Cavalli ci affida.
Alla domanda di una studentessa su cosa avesse provato alla scoperta del diario del nonno, l’autore ha rivelato che su tutto ha prevalso la sorpresa e la necessità di rendere accessibili a tutti queste pagine di testimonianza diretta. Gli anni spesi nella stesura del libro sono stati un modo per ripercorrere le conversazioni con nonno Ettore e capire che le vicende universali possono essere interpretate anche alla luce del caso di una singola persona che vi ha preso parte.
Ringraziamo il professor Cavalli per la competenza e la saggezza dimostrate.
Prof.ri R. Gelmi e Olzeri
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